Clubhouse è il social che punta sulla voce e in queste ore inizia a farsi spazio in Italia.
Da buon testa di nicchia (il termine figo è Early adopter), mi sono fiondato per capire meglio come funzionasse.
Andiamo per ordine.
Quando a maggio avevo letto di Clubhouse, ero titubante e pensavo fosse l’ennesima chat vocale tritura coyotes.
Quelle in cui, l’unico obiettivo è registrare monologhi da oltre 10 minuti che non ascolta nessuno.
Ho sbagliato. Perché si tratta di altro e purtroppo non posso dire come quelli bravi: “Avevo capito subito la potenza, leggendo il bissines plen”.
In ogni caso, come funziona?
Fondamentalmente, puoi entrare e uscire da room (stanze) con argomenti diversi. Qualcosa per certi versi simile a un podcast dal vivo.
Puoi solo ascoltare o scegliere di intervenire. Immagina un cocktail party o appunto una Clubhouse.
Nel frattempo, Marta Basso, co-founder di Generation Warriors, ha appena lanciato, assieme ad Ana Maria Fella e Federico Cecchin, una stanza di utenti italiani denominata Clubhouse Italia.
Personalmente mi trovo nella fase “luna di miele” e vedo tutto bello perché mi ricorda il primo amore: la radio.
La radio però, messa a confronto, è più passiva (principalmente ha una sola direzione verso gli ascoltatori e pochi loro interventi), in Clubhouse la relazione è più attiva (gli ascoltatori possono diventare partecipanti).
Ho incontrato, tra l’altro, molti amici e sono già stato coinvolto in interessanti e piacevoli discussioni insieme a Walter Klinkon, Gerardo Capozzi o Leonardo Prati , proprio come mi accadeva in radio.
Durerà? Divorzierò?
Molti esperti, interpellati sull’argomento, sono tutti d’accordo che su Clubhouse la voce diventa strumento di relazione e che i rapporti sembrano “più veri e vicini”. Puoi trovarti a chiacchierare con gli altri come se fossimo in un Bar.
Se vuoi, guarda anche il mio intervento in onda su Radio 2 .0:
E sicuramente ha le potenzialità per diventare un mezzo perfetto per entrare in contatto con un pubblico per chi fa business o qualcosa di simile.
Quello che ho capito di mio è che nel breve serviranno delle competenze per essere efficaci e non caotici.
Nelle stanze di Clubhouse si crea un’atmosfera più informale rispetto alle videoconferenze e si può essere tranquillamente in pigiama.
Pratico, bello, comodo ma non possiamo nemmeno sottovalutare un uso consapevole della voce, del linguaggio e dei tempi. Soprattutto quando le stanze sono e diventeranno numerose.
In fase di sperimentazione tutto è concesso però mi sono venute in mente delle vecchie regole che possiamo adeguare a Clubhouse:
- Evitare presentazioni lunghe quando ci presentiamo
- Utilizzare in ordine soggetto, predicato e complemento in una frase
- Gestire le pause, il ritmo e scandire le parole
- Per chi è più bravo, adeguare anche la voce in base all’orario
E soprattutto pensiamo ad una regola basata sull’economia del linguaggio:
Le persone sono disposte ad ascoltarti quando parli di meno”.
Ok? 🙂
Se passi da Clubhouse mi trovi come @giuseppefranco e ricordami queste regole perché potrei dimenticarmene 😉
Giuseppe Franco
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