👋 Io ne ho visto di cose…
Così inizia il soliloquio finale del film Blade Runner, uno dei più grandi film di fantascienza mai realizzati. In queste ore se ne sta parlando perché è mancato l’attore Rutger Hauer che lo ha interpretato.
✋ Sono parole che emozionano. E l’emozione è un elemento importante per catturare l’attenzione, i cineasti lo sanno bene.
Le parole del replicante che si abbandona, tra le lacrime, senza nascondere la sua parte umana sono commoventi. La morte è il punto di contatto tra il guerriero e l’uomo.
✅ Interessante l’origine di questo soliloquio perché nasce da una quasi improvvisazione. Il testo è stato scritto da David Peoples e poi modificato da Hauer a qualche ora dalle riprese. Si narra che persino durante le riprese la troupe non resistette alla commozione.
Io ho il ricordo vivo da studente universitario, perché in alcune lezioni abbiamo analizzato con cura il significato. Per cui ho pensato di parlarne (mi scuserai ;-)). Ed ho pensato anche a tutte le volte che l’ho visto utilizzare in un discorso pubblico.
✅Perché ormai fa parte del linguaggio comune per voler dire: “ho visto cose a cui è difficile credere”. E se qualcuno vuole parlare di innovazione, il soliloquio si presta benissimo.
Però sono parole che cambiano subito lo stato d’animo della platea se lo utilizzi all’inizio. Sposti letteralmente le persone in un’altra “dimensione”.
Quindi dovresti sempre essere bravo a collegare delle frasi opportune altrimenti diventa un pastrocchio inutile che voi umani non potreste immaginare…
Giuseppe Franco
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