Non so se capita anche a te ma quando mi chiedono di raccontare quello che faccio, si accende l’occhio di bue.
Intendo quella luce da teatro che illumina solo te e ti senti come un gatto davanti ai fari di un auto.
In quel caso le reazioni potrebbero essere diverse, ne cito alcune:
- Fai un pasticcio di parole che nemmeno i RIS di Parma riescono a comporre
- Hai un ego stellare ed esageri al punto che DIO è solo l’acronimo del tuo nome e cognome
- Vorresti fare bella figura ma dimentichi i punti salienti del racconto
Anche se non abbiamo voglia di raccontarci, molte volte è importante parlare di se stessi per creare empatia con il pubblico e rendersi più credibili.
Una formula pratica che possiamo utilizzare è quella di immaginarsi come in una commedia divisa in tre atti.
Ti riporto nelle parentesi l’esempio che ho utilizzato con un mio cliente, un consulente di successo nel suo settore, che credeva di non aver nulla di buono da raccontare.
Atto I – Parti dal passato, ad esempio inizio della tua carriera o quando eri giovanissimo inesperto (lavorava col padre ma sognava carriera diversa)
Atto II – Hai cominciato a capire molte cose, sei diventato più consapevole ed è iniziata la tua carriera (I primi passi con il suo studio cittadino)
Atto III – Il momento del successo (Quando ha raggiunto un numero di clienti e si è trovato ad assumere diverse persone)
La cosa curiosa è che quando ho chiesto di raccontarmi la sua storia personale aveva totalmente dimenticato la parte umana e umile della sua esperienza col padre. Credeva fosse inutile e da tenere nascosta perché poco importante.
Quello che tentava di fare era, giustamente, fare bella figura ma nello stesso tempo nascondeva gli elementi che rendono il discorso unico.
La formula dei 3 atti ci aiuta molto ma attenzione a non cadere nelle solite cialtronie comunicative di chi ci insegna ad essere degli invincibili super eroi.
Parlare di se stessi per quello che siamo davvero, con i nostri difetti perché le persone vogliono avere a che fare con altre persone e non ridicoli robot.
Passo e chiudo.
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Giuseppe Franco
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